È scoppiato il caso dei cinghiali alla periferia urbana di Trieste, dovuto in realtà ad inerzie annose di amministratori pubblici che ora vorrebbero prenderli a fucilate tra le case e nei parchi e boschi dove migliaia di cittadini passeggiano, corrono, vanno in bicicletta e portano a spasso i bambini ed i cani.

Il problema ha aspetti ambientali, pratici ed etici.

L’abbandono delle coltivazioni e della landa da pascolo attorno alla città ha fatto riestendere da decenni l’ecosistema dei boschi dal Carso triestino, in continuità con la verde Slovenia, sino alla periferia urbana, facendovi ritornare dopo i caprioli anche i cinghiali, e sull’altopiano pure alcuni cervi, daini, una colonia di camosci e qualche lupo e giovane orso di passaggio.

Tutte presenze pregevoli, discrete, elusive ed equilibrate naturalmente da selezione, competizione e disponibilità di cibo naturali, con l’ovvia condizione che ormai bisogna recintare anche qui le coltivazioni appetibili.

É invece l’innaturale disponibilità eccessiva di scarti alimentari abbandonati od offerti dall’uomo a causare esplosioni numeriche ed invadenze urbane dei selvatici onnivori, che diventano confidenti sino ad avvicinare le persone aspettandosi del cibo.

Finché sono scoiattoli o caprioli la gente se ne compiace, mentre coi cinghiali si spaventa, anche se sono animali pacifici se non vengono maltrattati o se ne minacciano i cuccioli (qui ci risulta sinora un unico caso, al Farneto, di un maschio che dopo essere stato attaccato da cani sciolti si mostra ora ostile a cani e padroni).

Ma in concreto a Trieste questi imbarazzi riguardano soltanto un piccolo numero di cinghiali dei boschi periurbani che vanno anche a cercare e ricevere cibo tra le case della periferia.

I rischi per il traffico non dipendono inoltre da questi animali né dai caprioli, che attraversano con minore cautela, ma dal mancato adeguamento dei segnali e dei limiti di velocità sulle strade che costeggiano i boschi, e dagli irresponsabili che vi superano di molto i 50 all’ora, specie di notte.

La questione etica è ovviamente se e quanto sia giusto ed onorevole uccidere senza necessità degli esseri viventi innocui o che non hanno comunque nessuna possibilità di difendersi. Ed occorre rifletterci su seriamente.

Le soluzioni per i cinghiali triestini sono comunque quelle logiche ed abbastanza semplici di tutta l’Europa civile: monitorare rapidamente, anche avvalendosi di volontari animalisti, questa piccola popolazione marginale semidomesticata; catturare gli esemplari invadenti od in soprannumero con il normale anestetico o con gabbie ed esche di cibo, per trasferirli altrove anche donandoli a parchi-zoo e zone di ripopolamento (facciamo già appello in tal senso); limitarne l’avvicendamento con altri cinghiali smettendo di lasciare in giro scarti commestibili ed evitando di nutrire i nuovi arrivati; dotare le strade ai margini dei boschi di segnali e limiti di velocità adeguati, e farli osservare.

Rispettando così doverosamente le sensibilità sia di chi si preoccupa per questi ospiti insoliti, sia delle persone che vi si sono affezionate nutrendo adulti e cuccioli, e che invece di venire ottusamente minacciate di sanzioni possono essere valorizzate come volontari per le suddette soluzioni civili, tempestive e sostenibili del problema.