IL RISCHIO DELL’IDROGENO NEL PORTO DI TRIESTE

L’area in cui dovrebbe sorgere l’impianto per l’idrogeno: si trova tra il terminale SIOT e l’inceneritore di Via Errera.

La Regione Friuli Venezia Giulia vuole realizzare nel porto di Trieste un polo per la produzione e distribuzione dell’idrogeno. Il progetto denominato “Hydrogen Hub” prevede la costruzione di un impianto con capacità di produzione di 370 tonnellate all’anno da completarsi entro il 2026. 

La società che si è aggiudicata i lavori è la Acegas-Aps-Amga che già gestisce con una propria controllata l’inceneritore/termovalorizzatore di Trieste ubicato anch’esso nel porto di Trieste. 

 

Il progetto, inserito in un accordo tra il Ministero dell’Ambiente e la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, risulterebbe finanziato per la massima parte con fondi del PNRR (14 milioni di euro). 

L’area scelta per l’impianto è compresa tra l’inceneritore/termovalorizzatore di Via Errera e il terminal petrolio SIOT dell’Oleodotto Transalpino-TAL, che alimenta Baviera, Baden-Württemberg, Austria e Repubblica Ceca.

Il sito prescelto corrisponde all’area nella quale era già stato proposto dal 2006 il terminale di rigassificazione della multinazionale Gas Natural, ritirato nel 2018 per gli stessi motivi di incompatibilità con l’ambiente, la sicurezza ed i traffici portuali che non  consentono ora la realizzazione di un impianto di produzione e stoccaggio di idrogeno.

Il progetto, pur essendo stato classificato come “esecutivo”, non è ancora stato sottoposto alla procedura di V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale), né alla V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica) che in questo caso dovrebbe essere transfrontaliera, essendo direttamente interessati dall’impatto ambientale i Comuni di Ankaran e Koper (Slovenia).

 

Greenaction Transnational ha presentato al Ministero dell’Ambiente le proprie osservazioni evidenziando che l’impianto avrebbe un pesante impatto ambientale, incrementerebbe i rischi di incidenti essendo inserito nell’area industriale del porto, sarebbe incompatibile con l’attività del terminal petroli SIOT e di ostacolo all’attività del Porto Franco internazionale di Trieste. 

Greenaction Transnational ha denunciato la mancanza di trasparenza nella procedura fin qui seguita che ha comportato l’esclusione del pubblico dall’accesso ai dati dell’impianto in quanto coperti dal “segreto industriale”. L’impossibilità di ottenere informazioni in materia di ambiente e sicurezza (trattandosi di un impianto con impatto ambientale in fase di costruzione ed esercizio, e con impatto diretto sulla sicurezza dei cittadini una volta entrato in attività) rappresenta una lesione al diritto di accesso che in materia ambientale costituisce “norma speciale” rispetto all’ordinario accesso agli atti (direttive 90/313/CEE e 2003/4/CE).

Tra le maggiori carenze proprio quelle che riguardano la sicurezza. Nell’area (entro 2 Km dal proposto impianto di idrogeno) sono infatti già in funzione numerosi impianti industriali a rischio di incidente rilevante, perciò sottoposti alle Direttive comunitarie Seveso (Direttive 96/82/CE – 2003/105/CE, Direttiva 2012/18/UE) che si trovano senza piani di emergenza esterni e rapporti di sicurezza aggiornati. 

 

I  piani di emergenza esterni (P.E.E.) da comunicare alla popolazione interessata sono infatti scaduti da anni o addirittura decenni, perché aggiornati al 27.10.2008 (D.C.T., SIOT, SILONE), 15.10.2009 (LINDE GAS), 13.12.2019 (ALDER). Secondo le norme vigenti, i piani di emergenza devono essere aggiornati ogni tre anni.

Per quanto riguarda i rapporti di sicurezza, che deve essere aggiornato al massimo ogni 5 anni, questi sono aggiornati all’ottobre 2015 (ALDER), al marzo 2006 (D.C.T.), all’aprile 2007 (SILONE), mancanti nei P.E.E. e quindi nemmeno verificabili quelli della SIOT  e della LINDE GAS.

L’area su cui si vorrebbe realizzare l’Hydrogen Hub è tra l’altro pesantemente inquinata trattandosi dell’ex raffineria Esso. La bonifica dell’area (idrocarburi e fanghi industriali scaricati anche a mare) richiederebbe dai 5 ai 10 anni di tempo (secondo stime ottimistiche) e fino al termine della stessa nessuna concessione edilizia potrebbe essere rilasciata.

Greenaction Transnational chiede che il progetto venga valutato nell’ambito della necessaria procedura di V.I.A. – V.A.S. con partecipazione pubblica estesa alla Slovenia come già accaduto nel caso del progetto del terminale di rigassificazione della Gas Natural.