L’inceneritore di Trieste gestito dalla ACEGAS-APS

1700 DIPENDENTI, UNA VORAGINE DA 440 MILIONI DI INDEBITAMENTO

Fino al 1997 il Comune di Trieste possedeva una delle più efficienti aziende per la gestione dei servizi primari (acqua, energia elettrica, gas). La società si chiamava ACEGA e non aveva debiti. Nel 1997 la società viene trasformata in una S.P.A. (società per azioni a prevalente capitale pubblico, con quota del 99% detenuta dal Comune di Trieste) mutandone il nome in ACEGAS. Nel 2000 l’azienda viene quotata in borsa con cessione del 45% delle quote del Comune di Trieste ai nuovi azionisti. Nel 2003 l’ACEGAS si fonde con l’APS di Padova dando vita ad una delle più grandi multiutility italiane. L’obiettivo della conversione in SPA e della  quotazione in borsa era di migliorare la gestione della società producendo maggiori utili e incrementando la qualità dei servizi resi agli utenti.

Nel 2011 a undici anni dall’ingresso in borsa l’ACEGAS-APS ha accumulato un debito stratosferico di circa 440 milioni di Euro. Nel contempo la qualità dei servizi di primaria necessità garantiti dalla società non ha subito alcun miglioramento qualitativo con costi invece in continuo aumento (tanto da rendere Trieste una delle città più care per smaltimento rifiuti, costo acqua ed energia), mentre il degrado ambientale della capitale del Territorio Libero è esploso in tutta la sua drammaticità. Tra i principali responsabili degli inquinamenti del territorio i depuratori fognari fuorilegge e l’inceneritore cittadino gestiti dall’ex municipalizzata.

Ma come è stato possibile trasformare una sana azienda comunale in una mostruosa macchina da debiti che rischia ora di travolgere gli stessi ignari cittadini? E si, perché alla fine il debito qualcuno dovrà pagarlo. E il rischio concreto è che questo venga scaricato sulla popolazione, che dopo essersi vista sottrarre un bene pubblico (l’azienda), si troverebbe anche a dover pagare di tasca propria per i debiti accumulati.

L’ACEGAS-APS ha infatti tuttora come azionista di maggioranza il Comune di Trieste. Una situazione davvero preoccupante, ma che potrebbe ulteriormente peggiorare. Entro il 2015 il Comune di Trieste dovrà ridurre consistentemente la sua partecipazione nella società scendendo al 30%. Queste le nuove regole decise a Roma. Le multiutility sono infatti prede appetite nel mercato “senza regole” per il controllo dei servizi pubblici che si sta creando in Italia con accordi tra industriali e politica. Ed in una situazione simile è facilmente immaginabile che il valore delle azioni (già ampiamente depresse) della società ne risentirà pesantemente (i Comuni di Trieste e di Padova saranno obbligati a mettere in vendita le loro azioni che potrebbero vedere dimezzato il loro valore). Un altro bagno di sangue aspetta dunque una città (Trieste) già in ginocchio dopo che le stesse lobbies politiche responsabili del disastro ACEGAS hanno pure deciso di disfarsi del porto cedendone, in violazione dei trattati internazionali, il pregiato settore nord del suo porto franco internazionale (ribattezzato con spregio “porto vecchio”) alla speculazione edilizia.

E per i loro “brillanti” risultati i dirigenti della multiutility “fuori controllo” (tutti di nomina rigorosamente politica) pare si siano pure aumentati i compensi nel bilancio in corso di approvazione di ben il 20%. E non stiamo parlando di paghe da fame.

Il Direttore Generale Marina Monassi (donna di Giulio Camber uno dei capibastone della politica locale), nominata pure Presidente dell’autorità portuale (a cui aveva già dato – sempre in posizione di vertice – contributi fondamentali negli anni passati per la distruzione dell’ex primo porto dell’impero asburgico, tanto da avere sulla testa una richiesta di condanna della Corte dei Conti per 2,3 milioni di Euro di danno erariale) veleggerebbe verso i 340.000 Euro

E visto che i soldi pare non manchino (ci sarà pure una spiegazione al mostruoso indebitamento…) nel c.d.a. della “benemerita” società le cariche sono doppie. Ovvero, per non sbagliare (o per sbagliare meglio, visti i risultati), le stesse funzioni vengono svolte da più dirigenti.

Ecco così spiegato un Presidente, un amministratore delegato, un direttore generale, due vice presidenti, più una lunga fila di consiglieri. Alcuni dei componenti del c.d.a. sono presenti contemporaneamente in 11 c.d.a. di altre società. Il raddoppio delle cariche si spiega anche con il fatto che bisogna garantire una spartizione perfetta essendo la società controllata dai Comuni di Trieste e di Padova, e quindi ognuno deve avere il proprio rappresentante di fiducia.

Ma alla fine questo c.d.a “doppio” viene a costare circa 2,5 milioni di Euro all’anno. Un lusso davvero insostenibile per un’azienda così pesantemente indebitata.

Peccato che di questa situazione, pur essendo in corso a Trieste la campagna elettorale per le comunali, nessuno parli. Il quarto potere tace (comprensibile: i media “indipendenti” qui sono completamente controllati dalla stessa ACEGAS e dal Comune e il servizio pubblico non va contro i poteri costituiti ) e i partiti hanno davvero poco interesse a far sapere alla cittadinanza la tragica realtà.

Alla lenta e inesorabile morte, allora. Tutti felici e contenti.

 

Alcune citazioni utili:

Dalla seduta del Consiglio Comunale di Trieste del 23.11.2009 (audizione vertici ACEGAS-APS)

Cesare Pillon (amministratore delegato ACEGAS-APS)

Sul debito ACEGAS (preoccupante ma non drammatico…):

“… la nostra posizione finanziaria netta che come detto è preoccupante ma non drammatica ci vieta di fare investimenti che sono previsti dal piano…”

 

Sulla riduzione della partecipazione pubblica nell’azienda con svendita delle azioni (vendita obbligata con sconti del 40% di un titolo che ha già perso dal collocamento circa il 50% del valore):

“Quando avremo concluso il percorso, se lo avremo concluso bene, saremo sicuramente premiati dalla Borsa, che vede molto bene il calo della presenza pubblica all’interno di questa realtà e che vede molto bene il fatto che queste aziende siano competitive a livello nazionale, ma la regola è questa, non ci sono altre regole per la Borsa, quando si vende cala, quando si compra cresce, non c’è, non c’è. Ed è chiaro che quando la vendita è obbligata, si parla di sconti che vanno dal 30% al 40% sul prezzo di Borsa.”

 

Paolo Rovis (assessore sviluppo economico del Comune di Trieste)

Sui “segreti” non svelabili dell’ACEGAS:

“Ricordo soltanto una cosa, che la ACEGAS-APS SpA è un’azienda quotata in Borsa e, come tale, deve sottostare ad una serie di obblighi che riguardano anche le informazioni che possono o non possono essere fornite pubblicamente, questo ovviamente per evitare l’utilizzo improprio eventualmente di informazioni riservate.”

 

Iztok Furlanic (consigliere comunale)

Sulla svendita delle azioni da parte del Comune (un tracollo finanziario alle porte):

“Poi, riguardo la questione di arrivare al 2013 con al massimo il 40%, poi a 2015 con al massimo il 30%, volevo chiedere se a causa di un indebitamento così cospicuo non c’è rischio di dover magari vendere azioni sotto costo, proprio perché la società da alcuni potrebbe essere considerata proprio al massimo dell’assoluto, consentitemi questa definizione, pertanto poi ci sarebbe questo rischio concreto di dover vendere azioni sotto costo.”