Trieste 20.03.2011
Continuano le forti pressioni per fare passare il nuovo Piano Regolatore del Comune di Trieste. Lo strumento urbanistico comunale si trova infatti ancora bloccato nel suo iter autorizzativo essendo stato solamente adottato. Manca quindi l’approvazione che ne sancirebbe l’entrata in vigore. Approvazione che deve avvenire entro il 6 agosto, pena decadenza e ritorno in vigore del precedente strumento urbanistico.
Ma il PRGC che si vorrebbe approvare facendolo diventare esecutivo è fortemente viziato da pesanti irregolarità. La sua adozione è avvenuta infatti in totale violazione delle normative comunitarie che impongono la V.A.S., ovvero la Valutazione Ambientale Strategica, che avrebbe dovuto consentire a tutti i cittadini una effettiva partecipazione alla valutazione dello strumento urbanistico, che come tale non può non avere influenze dirette sull’ambiente e sulla qualità della vita.
Il Comune di Trieste pur informato da Greenaction della obbligatorietà di predisporre la VAS prima dell’adozione del PRGC, procedeva in totale disprezzo delle norme comunitarie. Greenaction aveva inoltre chiesto (unico soggetto a farlo) di essere fatta partecipe alla procedura di VAS, venendone invece esclusa senza alcuna motivazione. E dalla VAS veniva esclusa anche la vicina Repubblica di Slovenia che aveva invece pienamente diritto a parteciparvi, avendo il PRGC di Trieste dirette ripercussioni sulle zone di confine.
Ma questo PRGC fuorilegge, che gode, oltre che di un consenso politico trasversale, anche dell’insperato appoggio di una parte del mondo ambientalista (WWF, Legambiente, Italia Nostra, Trieste Bella si sono espresse recentemente a favore con un appello a far presto per approvare il piano prima delle elezioni comunali che si terranno a metà maggio) che lo ritiene un piano “migliorativo” visto che sembrerebbe ridurre la cementificazione del territorio, è in realtà – vizi di forma a parte – il peggior nemico per lo sviluppo della città-porto di Trieste. Visto che ne decreta la morte definitiva, con la cessione del Porto Franco Nord (ribattezzato “porto vecchio” per lo scopo) alla speculazione edilizia.
La mega-speculazione edilizia (2 miliardi di euro) con la quale si vorrebbe “convertire” questa parte importante dello scalo, sottoposta a tutela internazionale, in zona urbana. Alberghi, residenze, centri commerciali, marina, al posto dei magazzini e dei moli destinati al commercio marittimo.
Un “grosso” affare per far girare il denaro. Soldi per tutti (quelli che ci stanno) e completamento della distruzione del Porto Franco Internazionale di Trieste ridotto a terminal petrolifero-gasifero.
La conversione del porto vecchio fa infatti parte proprio di questo accordo. Da una parte, nel versante meridionale (porto nuovo), completamento del polo energetico con la realizzazione del grande terminale di rigassificazione che andrebbe ad affiancare il già esistente terminale petrolifero (il principale del Mediterraneo), dall’altra, nel versante Nord, dismissione dell’attività portuale e conversione del “porto vecchio” in zona urbana.
E così i traffici commerciali del porto di Trieste sarebbero ridotti al solo transito di combustibili (essendo incompatibile la presenza di petroliere e gasiere con altre attività portuali).
Che tutti (o quasi) i partiti politici siano d’accordo nel completare il saccheggio del secolo, attuando le direttive dello Stato Italiano, è ormai evidente. Ma a questo punto è anche necessario chiedersi quale è il gioco di una parte del movimento ambientalista che sembra esprimersi in sintonia con questi ambienti di potere. E non certo a difesa della legalità.
Greenaction Transnational conferma la propria ferma opposizione all’approvazione del nuovo PRGC di Trieste e annuncia la prossima presentazione di una denuncia alle autorità comunitarie per la violazione della procedura di VAS transfrontaliera. Da valutare inoltre le responsabilità, sia dal punto di vista penale che erariale, dei pubblici amministratori che hanno consapevolmente agito in violazione del diritto comunitario, prevalente ovviamente su quello nazionale.
Ma l’approvazione del PRGC di Trieste si porrebbe a questo punto anche in violazione del Trattato di pace del 1947 con il quale è stata dichiarata la fine della seconda guerra mondiale e che ha stabilito chiaramente lo status di Trieste e del suo Porto Franco. Il Trattato di pace il mantenimento dei confini del Porto di Trieste almeno entro quelli del 1939 e senza variazioni di destinazione d’uso, quindi dei confini che comprendono il Porto Franco Nord. Un singolo Stato (in questo caso paese aggressore sconfitto) non può modificarne unilateralmente i contenuti. Si determinerebbe quindi l’obbligo di intervento da parte della garanti internazionali del Trattato, incluso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.