TRA TRAFFICI DI RIFIUTI RADIOATTIVI E CENTRALE NUCLEARE DI KRŠKO

Il recente imbarco di rifiuti radioattivi nel porto di Trieste ha messo in evidenza una volta di più (se era necessario) la totale assenza di qualsiasi misura di prevenzione per le emergenze radiologiche da parte delle autorità italiane. I comunicati di autocelebrazione diramati dalle prefetture coinvolte nell’operazione e dai Vigili del Fuoco stridono infatti con la cruda realtà che è quella di una nemmeno velata violazione di ogni misura di sicurezza preventiva che avrebbe dovuto vedere la partecipazione effettiva della popolazione.

Ecco che così, per coprire la mancanza di reali piani di emergenza esterni, che come tali avrebbero dovuto essere provati sul campo, i rappresentanti delle istituzioni italiane, in questo caso in accordo con quelle della vicina Slovenia coinvolta nel maxi trasporto di rifiuti radioattivi, hanno preferito stendere una cortina di silenzio (condita da disinformazioni) sull’intera operazione.

Una cortina di silenzio alla quale peraltro sembrano avere contribuito anche alcune organizzazioni ambientaliste che, secondo i comunicati del Ministero degli Interni italiano, sono state inserite nel gruppo tecnico che si sarebbe dovuto occupare di dare le informazioni alla popolazione. Informazioni che invece non sono mai state diffuse. Lasciando la popolazione senza alcuna difesa. L’associazione ambientalista che secondo le fonti governative italiane ha fatto parte di questo “comitato di salute pubblica” è la Legambiente. 

Mentre le false informazioni di regime cercano di tranquillizzare i cittadini per il rischio scampato, la drammatica situazione determinata dalla politica della prevenzione zero adottata dall’Italia per la gestione delle emergenze radiologiche è sotto gli occhi di tutti. Trieste,città estremamente nuclearizzata, si trova senza alcuno reale strumento per la protezione effettiva dei suoi abitanti.

Trieste è stata classificata dall’Italia quale “porto nucleare” dove le unità militari a propulsione nucleare e con armi atomiche a bordo possono transitare e sostare. Nel porto di Trieste possono essere condotte, come avvenuto l’altra settimana, operazioni ad alto rischio con l’imbarco di scorie radioattive di origine sia civile che militare.

Trieste si trova inoltre esposta alle conseguenze di qualsiasi incidente dovesse capitare alla vicina centrale nucleare di Krško. Ebbene, nella città di “nuclearizzata” del Nord Est nessun piano per le emergenze radiologiche è stato comunicato ai cittadini. Un piano di emergenza dovrebbe infatti prevedere misure effettive per ridurre gli effetti di ogni incidente nucleare. Tra le misure effettive la iodoterapia, i rifugi antiatomici, le tute protettive, le scorte di viveri e di acqua in depositi a prova di fall out, le strutture sanitarie attrezzate a trattare i pazienti contaminati.

Tutte cose che ovviamente mancano. La prevenzione radiologica è infatti estremamente costosa. Per cui in Italia semplicemente non la si fa. È quindi assolutamente necessario che siano i cittadini a mobilitarsi per farli rispettare i propri diritti. Esigendo le informazioni fino ad ora nascoste dalle strutture dello Stato italiano.