Il trattamento delle acque reflue urbane nella provincia di Trieste lascia decisamente a desiderare tanto che la Commissione Europea ha avviato un procedimento di infrazione. L’inquinamento causato dagli scarichi continuati ha infatti, sommandosi a quello pesantissimo industriale (si rimanda all’articolo “Un mare di veleni”), compromesso l’equilibrio del Golfo di Trieste.

Ma la particolarità della situazione triestina è che qui la rete fognaria è dotata di impianti di depurazione che peraltro non funzionano (per approfondimenti si rimanda al dossier: “Inquinamento del Golfo di Trieste: il disastro ambientale dei depuratori”). Depuratori costosissimi e malfunzionanti che peraltro “filtrano” solo una parte dei liquami che vengono sversati a mare.

Fuori copertura risultano ancora vaste aree costiere e l’intera zona  industriale. Tra le aree non collegate alla rete fognaria risulta esserci la costiera triestina, ovvero il tratto di litorale che da Miramare-Grignano prosegue fino alla Baia di Sistiana. Questa è davvero una zona esclusiva dove si trovano le ville dell’elite locale (e non solo). Qui il terreno (idrogeologicamente instabilissimo) vale oro.

La cementificazione della costiera è stata attuata, con esproprio di aree demaniali, a suon di piani regolatori fatti dai politici per i costruttori e i potenti locali. Tutto in regola, tutto fuorilegge. A parte il non irrilevante aspetto paesaggistico (uno scempio tollerato peraltro da chi lo avrebbe dovuto impedire), si pone anche il problema ambientale. Tante ville, troppe ville, ma niente rete fognaria. E visti gli spazi esigui nemmeno la possibilità di realizzare degli impianti fognari autonomi a norma di legge. A questo aggiungiamo – ciliegina sulla torta – le piscine che i ricchi proprietari si fanno costruire senza ostacoli, ed abbiamo il quadro completo di una situazione alquanto dannosa per la collettività: i procedimenti di infrazione europei, che significano multe salate e nuove imposizioni  fiscali ai cittadini, sono dovuti anche a queste situazioni di illegalità tollerate e anzi coperte dalle stesse amministrazioni pubbliche.

Senza rete fognaria, niente autorizzazioni edilizie: questa è la legge. Quindi la costiera triestina sarebbe ancora “vergine”. Ma senza rete fognaria non è nemmeno possibile ottenere l’autorizzazione per la costruzione di piscine che la loro acqua clorata da qualche parte la devono pur disperdere. Ogni villa ha il suo pozzo a perdere. Ma scaricare acqua clorata (20.000 è più litri ogni volta) nel pozzo nero significa sterilizzarlo, ovvero uccidere tutti i batteri depuratori, con il risultato poi di sversare nel suolo (o in mare)  liquami tali e quali dal pozzo oramai inerte.

Il problema delle piscine a “perdere” riguarda tutte le zone di pregio paesaggistico della provincia di Trieste dove abbondano queste strutture “status simbol” del potere. Spesso le piscine vengono costruite successivamente all’edificio, senza nemmeno prevedere un allacciamento alle fognature dove esistenti e le acque vengono scaricate direttamente nei terreni creando così notevoli problemi (vedi smottamenti) di stabilità in aree quasi sempre a rischio idrogeologico.

Una deregulation fatta apposta per i ricchi le cui conseguenze (ambientali, igienico sanitarie, pecuniarie) ricadono poi su tutti i cittadini.