Trieste 26.11.2010
Il 13 ottobre 2010 il G.I.P. di Trieste decretava l’archiviazione dell’inchiesta sulla minaccia di morte di stampo mafioso nei confronti di Roberto Giurastante, ambientalista triestino responsabile dell’associazione Greenaction Transnational e portavoce della rete Alpe Adria Green.
Giurastante, è autore di rilevanti inchieste sul traffico dei rifiuti nel Nord Est, sul disastro ambientale della provincia di Trieste, sulle frodi di denaro pubblico e dei finanziamenti comunitari (progetti di sviluppo turistico utilizzati come copertura per discariche di rifiuti tossici ed altri traffici), sulla violazione delle gare d’appalto, sulla violazione delle normative comunitarie sulla sicurezza degli impianti industriali (direttiva Seveso), sulla violazione delle norme EURATOM sul rischio degli incidenti nucleari, sulle irregolarità dei progetti dei terminali di rigassificazione nel Golfo di Trieste.
Molte delle inchieste sono sfociate in denunce alla Commissione Europea, al Parlamento Europea e all’Ufficio Europeo per la lotta antifrode (OLAF), ponendo non pochi problemi ad un sistema di malaffare istituzionalizzato.
A seguito delle denunce dell’ambientalista l’Unione Europea ha avviato numerose indagini che hanno portato all’apertura di procedimenti di infrazione, deferimenti alla Corte di Giustizia, revoca di contributi comunitari.
E’ perfettamente comprensibile quindi come Giurastante sia persona “sgradita” agli ambienti trasversali del malgoverno del Nord Est, ed infatti era già stato oggetto di intimidazioni e minacce. Ma nonostante la sua posizione certamente scomoda e a rischio, Giurastante si è venuto a trovare in un perfetto isolamento istituzionale. Un vero abbandono da parte dello Stato che in questa maniera presenta il suo aspetto più negativo ed evidente: quello collusivo con il sistema delle illegalità. L’ambientalista sotto attacco è stato sottoposto ad un regime di sicurezza minima. Regime di sicurezza minima che infatti non è servito ad evitare l’ultima e chiara minaccia di morte. Sulla quale peraltro la stessa autorità giudiziaria si è espressa molto chiaramente con una indagine senza esito durata appena 26 giorni e consistita solo nella distruzione del corpo del reato (la testa della capra utilizzata come macabro avviso) senza alcuna analisi. Un messaggio fin troppo chiaro nei confronti di un cittadino ritenuto “indesiderabile”.
Sulla vicenda di questa inaccettabile archiviazione e su quanto sta accadendo nella capitale del Territorio Libero all’ombra delle coperture istituzionali è stata ora presentata richiesta di riapertura delle indagini alla Direzione Nazionale Antimafia.
Sono stati inoltre informati gli organi di controllo della Magistratura. Ma questo non è solo un esempio, per quanto preoccupante, di logica follia di schegge impazzite delle istituzioni, bensì la dimostrazione di quel degrado inarrestabile che ha trasformato l’Italia, dal Nord al Sud, fino a Trieste, sua “ultima colonia” in un vero antistato dell’illegalità nell’Unione Europea dei diritti e delle regole.