UNA CONTINUITÀ PREOCCUPANTE

Nel recente rapporto della CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) sull’esecuzione delle sentenze relativo all’anno 2010 è stato confermato il primato negativo dell’Italia con il maggior numero di procedimenti aperti a Strasburgo.

L’Italia guida questa classifica negativa con il 27% di procedimenti davanti ad altri Paesi “campioni del diritto” quali Turchia (17%), Russia (10%), Polonia (8%), Ucraina (7%), Romania (6%). Oltre un quarto delle cause sulla violazione dei fondamentali diritti umani che approdano a Strasburgo  riguarda il “Belpaese”. 

La maglia nera italiana in tema di giustizia e rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini non è una novità, ma semplicemente la conferma di una situazione immutabile. Già nel 1997 l’Italia deteneva questo triste primato.

Tra il 96-97 l’Italia era stata condannata ben 854 volte dalla CEDU risultando all’epoca inavvicinabile dagli altri Paesi comunitari (a livello di condanne in classifica seguivano la Francia con 107, l’Austria con 40, il Portogallo con 21, la Gran Bretagna con 15, il Belgio con 6, la Germania con 2, e Danimarca e Irlanda con una). Negli anni 2000 il maggior ricorso alla CEDU anche da parte dei cittadini degli ex Paesi comunisti e della Turchia ha modificato sostanzialmente le graduatorie, ora occupate stabilmente nelle posizioni di vertice da queste nazioni, tranne che per la prima il cui scettro è detenuto senza cedimenti dal Paese di Cesare Beccaria.

Eppure in Italia il ricorso al Tribunale dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo è ancora poco conosciuto. Infatti la popolazione viene tenuta nell’ignoranza proprio per evitare un eccessivo utilizzo del ricorso al quarto grado di giudizio. Che in un Paese che ha prodotto oltre 4 milioni di vittime della malagiustizia rischierebbe di fare “saltare il banco”. Perché le condanne di Strasburgo si riversano sulle casse delle Stato. E se non si paga si è fuorillegge nell’Unione Europea con rischi di boicottaggio e sospensioni dall’adesione all’U.E.. Non facile uscirne, anche perché l’Italia continua a fare orecchie da mercante, con una giustizia ad hoc per le varie caste di potere e a danno dei cittadini. Una giustizia distante anni luce da quella dell’Europa dei diritti e delle regole.

 

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