Il caso riguarda la repressione giudiziaria e mediatica illegale di una combattiva associazione ambientalista non governativa di Trieste inserita in una nota rete nazionale ed internazionale (AdT-FoE: Amici della Terra-Friends of the Earth).

L’associazione triestina si distingue nella ferma difesa della legalità e lotta contro le ecomafie dei rifiuti del Nordest italiano, favorite dalla corruzione politica ed istituzionale, scoprendo e denunciando scandali sempre più rilevanti.

L’associazione nazionale italiana omologa, vicina ad ambienti politici denunciati, incomincia perciò ad emarginarla con l’accusa di “giustizialismo”. Che è già una condanna inappellabile in un Paese dove la corruzione viene elevata a virtù nazionale dei furbi e dei potenti, la criminalità organizzata è diventata un’istituzione alla pari con lo Stato, e la legalità è un concetto da sradicare anche isolando i cittadini e le organizzazioni che insistono a difenderla.

Perché purtroppo l’Italia e divenuta sempre più uno Stato alla rovescia: un antistato dell’illegalità  nell’Unione Europea dei diritti e delle regole.

In Italia se ti accusano di essere un “giustizialista” diventi perciò subito un diverso antisociale, uno scomunicato, e la tua vita cambia radicalmente. Sei una pecora scandalosamente bianca in un gregge nero di corrotti e corruttori, mafiosi e n’dranghetisti, puttane e puttanieri. Che per sembrare bianchi loro devono far sparire te.

E così la repressione contro gli ambientalisti triestini “giustizialisti” si trasferisce rapidamente dal livello associativo a quello istituzionale, con un’intensa campagna giudiziaria anomala fondata sulla pena infernale del contrappasso: voi avete denunciato, e quindi venite denunciati.

Le azioni giudiziarie anomale puntano dritte al nucleo dell’associazione, cioè ai quattro dirigenti più esposti nella difesa dell’ambiente e dei diritti civili, tentandone il massacro: quattordici procedimenti penali in otto anni, più le richieste di risarcimenti civili.

E mentre i difensori dell’ambiente aggrediti si devono difendere da questo bombardamento, gli inquinatori e i politici responsabili dei disastri ambientali denunciati vengono assolti, dichiarati innocenti o non punibili.

Eppure si tratta di crimini pesantissimi contro l’ambiente e la salute pubblica: l’intera provincia di Trieste è stata devastata impunemente per decenni da un colossale sistema di smaltimento illecito dei rifiuti, locali e da altrove, coperto dalle istituzioni. E con la connivenza di media che evitavano o paralizzavano il giornalismo d’inchiesta.

Decine di discariche, anche enormi, dal mare alle coste ed al Carso: le ceneri tossiche (diossine) degli inceneritori ed altri rifiuti tossico-nocivi sono stati scaricate persino nelle zone balneari; le due sole valli fluviali fertili ed umide (Zaule e Noghere), al confine con la Slovenia, preziose per l’agricoltura e l’ambiente, sono state “bonificate” ad uso di zona industriale seppellendole sotto decine di milioni di metri cubi di veleni, scaricandovi in particolare fanghi industriali (i famigerati “sludges”, un micidiale mix di idrocarburi, acidi, metalli pesanti); preziose doline e grotte carsiche utilizzate per fare sparire i rifiuti più scomodi (allucinanti i laghi di nafta che si trovano ora in alcune di queste cavità), come ha documentato nel gennaio del 2010 l’edizione italiana del National Geographic.

Ma nessuno dei responsabili privati ed istituzionali dovrà mai rispondere per questi crimini contro l’ambiente e la popolazione. E per questo si puniscono invece gli ambientalisti che osano indagarli e denunciarli, facendone emergere anche le autorevoli complicità attive e passive, incluse le omertà ininterrotte di media che si pretendono indipendenti, e sono pronti a collaborare anche alla punizione dei denuncianti.

Così l’associazione nazionale tenta di paralizzare i “giustizialisti” triestini simulando abusino del nome e del logo sociali, chiede al Tribunale di Trieste di inibirglieli, ottiene assurdamente il provvedimento ed il quotidiano monopolista di Trieste “Il Piccolo” spara la notizia, incorniciandola in cronaca nera tra cronache di truffa, spaccio di droga e teppismo, con un testo che evidenzia anche nome e ruolo del Presidente del Tribunale rappresentando il tutto come un giusto provvedimento contro  dei profittatori.

L’associazione triestina danneggiata invia prima in via bonaria e poi ai sensi di legge una risposta-rettifica immediata che corregge l’interpretazione dei fatti e del provvedimento, annunciando appello, ma il giornale si rifiuta di pubblicarla.

Il conseguente ricorso dell’associazione al Tribunale perché ordini la pubblicazione della rettifica viene trattato dagli stessi giudici, con lo stesso Presidente, che avevano emesso il provvedimento inibitorio e si trovano così a giudicare sul proprio stesso operato.

Ed invece di astenersi non solo respingono la richiesta legittima dell’associazione, ma non compensano nemmeno le spese tra le parti, e la condannano a pagare 10.000 euro di spese legali (esagerate) al quotidiano che ha violato la legge sulla stampa ed i diritti fondamentali dei danneggiati.

Gli ambientalisti ricorrono contro la decisione chiedendo la sospensione del pagamento ingiusto, che per una piccola associazione no profit autofinanziata sarebbe palesemente proibitivo mentre per i bilanci del giornale è un’inezia.

Ma il Tribunale le nega anche la sospensione, consentendo al quotidiano di emettere immediatamente il precetto per incassare forzosamente la somma pignorando le risorse dell’associazione in modo da paralizzarla.

“Giustizia” è fatta, dunque: a Trieste le pecore bianche che osano difendere legalità ed ambiente vengono ridotte al silenzio e punite due volte, una perché denunciano le malefatte delle nere, e l’altra perché pretendono anche di costringerle a rispettare la legge in materia di informazione.

Non è il primo rapporto anomalo tra il quotidiano ed il Tribunale locale, sul quale sono anche in corso numerose indagini. Ma questo non riduce la rilevanza del caso: la aggrava.

E conferma che l’Italia, ex “patria del diritto”, e Trieste sono sempre meno un Paese ed una città per gli onesti.

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