PESTICIDI E METALLI PESANTI NELLE ZONE DI PRODUZIONE AGRICOLA DELLA PARMALAT

Trieste, 24 gennaio 2011

La principale zona di produzione agricola del Friuli Venezia Giulia risulta  pesantemente inquinata. Ma le autorità pubbliche minimizzano dichiarando l’assenza di rischi sanitari. Come stanno realmente le cose? Ci si può fidare delle rassicuranti dichiarazioni istituzionali? Come sono stati fatti i controlli per escludere il rischio? 

Partiamo dall’inizio. L’area è quella delle Agenzie Agricole di Torviscosa (Udine). E’ una zona importante per la produzione del latte e derivati. Una delle più importanti a livello nazionale, sotto controllo della multinazionale Parmalat (che qui produce anche con il marchio Torvis). Tremila ettari di terreni da pascolo. Un pascolo ad alto rischio però.

I terreni risultano contenere arsenico, berillio, cobalto, vanadio e concentrazioni elevate di fitofarmaci (dieldrin, alaclor, DDT e derivati). Metalli pesanti e pesticidi nei terreni dove pascolano le mucche da latte. Un mix davvero micidiale. Metalli pesanti e pesticidi sui quali crescono i vegetali utilizzati per fare il mangime che viene dato alle mucche.

Possibile che nessuno abbia considerato che poi questi letali inquinanti finivano nella catena alimentare con il latte (e i suoi derivati formaggi, yogurt, burro) e le carni degli stessi bovini? In effetti, seppur con ritardo (di qualche decennio), lo Stato si è mosso. Ma l’unica preoccupazione delle autorità pubbliche sembra essere stata quella di escludere qualsiasi pericolo. Come si fa? Semplice, da una parte basta non verificare le concentrazioni degli inquinanti nella filiera alimentare, e dall’altra decidere di non poter decidere sui limiti di inquinanti nei terreni agricoli. Il tutto a norma di legge naturalmente. E così l’Istituto Superiore della Sanità ha applicato i protocolli dei SIN (Siti Inquinati Nazionali) Napoli Orientale e Brindisi, per cui non ha svolto indagini proprie ma si è limitato a convalidare analisi presentate dal proprietario privato, in base alle quali ha fornito soltanto una stima teorica della possibile contaminazione diretta dei foraggi e dei lavoratori. Mentre i Ministeri competenti (Ambiente, Lavoro e Salute) hanno consentito il riutilizzo agricolo dell’area inquinata «in assenza di un riferimento normativo che consenta di stabilire i livelli di contaminazione».

E il gioco è fatto. Salvi gli interessi della Parmalat. Un pò meno evidentemente quelli dei consumatori che si bevono il latte ai pesticidi.

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Approfondimento: quella “sporca dozzina” (i POP)

Il Dieldrin (derivato dell’Aldrin), è un insetticida organoclorurato liposolubile, persistente e bioaccumulante, e fa parte con il DDT, i furani e le diossine, di quella che è stata definita la “sporca dozzina” i cosiddetti POP(Persistent Organic Pollutants) banditi a livello mondiale nel dicembre 2000 dalla Conferenza di Johannesburg e poi dal Trattato di Stoccolma nel maggio del 2001.
I POP permangono e circolano nell’ambiente dove sono stati diffusi, nelle pozze d’acqua, nel terreno, nelle falde, nell’aria, per decenni. Vengono assorbiti e si accumulano nei tessuti grassi degli organismi biologici, animali (umani compresi ovviamente) dove le concentrazioni possono ammontare fino a 70 mila volte i livelli ambientali di background.Perciò si chiamano anche BCC (Bioaccumulative Chemicals of Concern). Il Dieldrin è altamente tossico per la maggior parte dei pesci. Si fissa molto tenacemente nelle particelle del terreno. Negli animali e nell’uomo l’aldrin e il dieldrin vengono prontamente assorbiti attraverso il tratto gastrointestinale. La trasformazione dell’aldrin in dieldrin avviene molto più rapidamente rispetto alla successiva biotrasformazione ed eliminazione del dieldrin, con un conseguente accumulo di dieldrin nei tessuti ricchi di grasso. Gli effetti tossici prevalenti si osservano a carico del sistema nervoso, del fegato e del sistema riproduttivo. È considerato potenzialmente cancerogeno, e nell’Unione Europea è ritenuto sostanza indesiderabile nei mangimi animali.