Il centro commerciale Castorama (progetto della società MCC) è stato autorizzato nel 2003 dal Comune di Muggia in violazione delle normative urbanistiche. Il centro commerciale fa parte di quell’edilizia d’assalto che si è abbattuta sulla piccola provincia di Trieste con forti coperture a livello istituzionale. Un’aggressione del territorio a furia di cemento facile e di rifiuti tossici che ha colpito in particolare il Comune di Muggia, vero epicentro del disastro ambientale (discarica delle Noghere) del Territorio Libero di Trieste. Ma questo abusivismo edilizio, fortemente e trasversalmente coperto dall’amministrazione comunale (autorizzato dalla giunta Gasperini, avallato dal silenzio-assenso dell’attuale giunta Nesladek), apre ora un pesante caso di (il)legalità.

La realizzazione del centro commerciale fuorilegge ha portato anche ad una rivalutazione ai fini dell’ICI dei terreni inseriti nello stesso ambito in base al piano regolatore.

Ed ora i proprietari di questi terreni – che, rispettando le norme urbanistiche, sono rimasti praticamente inedificabili – si trovano nel mirino del fisco e di  Equitalia. Una situazione di incredibile inversione della legalità che inoltre ha già fatto una vittima.

Per essersi opposto alla realizzazione del centro commerciale contestandone la legittimità urbanistica l’ambientalista Roberto Giurastante (Greenaction Transnational) è stato condannato dal Tribunale di Trieste al risarcimento danni (31.366 Euro) a favore della commissione edilizia del Comune di Muggia, ovvero l’organismo resosi responsabile dell’autorizzazione in violazione di legge.

Ma in cosa consisteva l’illecito urbanistico? Il progetto riguardava la realizzazione di un centro commerciale denominato “Parco Commerciale Flavia”. Si trattava di un P.R.P.C. ovvero di un piano regolatore particolareggiato di iniziativa privata, che doveva ovviamente essere conforme alle norme urbanistiche comunali (P.R.G.C. – Piano Regolatore Generale Comunale) e regionali (legge urbanistica regionale a cui devono attenersi gli strumenti urbanistici comunali). La legge regionale in materia (L.R. 52/91) stabiliva all’art. 49 che i proprietari di aree o edifici contermini inclusi entro un ambito individuato dal P.R.G.C. e che avessero avuto in base all’imponibile catastale almeno i due terzi del valore delle aree e degli edifici compresi nell’ambito, potevano predisporre e presentare al Comune proposte di PRPC. Nel caso specifico la società proponente disponeva solamente di 1/8 della superficie dell’ambito (!!!). Di conseguenza il PRPC di iniziativa privata non poteva essere nemmeno presentato e tantomeno approvato. La vicenda è ora approdata alla Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo e alla Commissione Europea. Ma sul fronte italico tutto tace (la condanna dell’ambientalista ha soddisfatto tutti coprendo l’illecito…). La popolazione continua a vivere nella disinformazione. L’illegalità si consolida.