LE AUTORITÀ ITALIANE NONOSTANTE IL PROCEDIMENTO DI INFRAZIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA AUTORIZZANO GLI SCARICHI IN PROSSIMITÀ DELLE ACQUE TERRITORIALI SLOVENE
Trieste 11 febbraio 2012
Con autorizzazione del 30 gennaio 2012 la Provincia di Trieste ha dato il via libera allo scarico in emergenza delle acque reflue prodotte dal depuratore di Servola, principale impianto di trattamento degli scarichi fognari triestini, nonostante che lo stesso sia ampiamente fuorilegge e sottoposto per questo ad un’inchiesta della Commissione Europea che ha già avviato un procedimento di infrazione.
Il depuratore di Servola che serve circa 180.000 abitanti e buona parte della zona industriale di Trieste, scarica in mare aperto con una condotta di 7,5 km di lunghezza i reflui non sufficientemente depurati. Lo scarico avviene in prossimità delle acque territoriali della Slovenia, Paese confinante che così viene direttamente investito da questo pesante e continuato inquinamento transfrontaliero.
Un depuratore che non depura sembra un controsenso, ma non è così. In effetti il progetto è viziato fin dalle origini dall’idea – tradotta in pratica – che l’inquinamento di Trieste potesse essere scaricato sul Paese vicino. Una specie di residuato della guerra fredda che ora rischia di essere pagato pesantemente.
Le irregolarità del funzionamento di un impianto che non avrebbe nemmeno potuto entrare in servizio (ma qualcuno lo ha pure collaudato) e quelle di tutta la rete di depurazione fognaria della provincia di Trieste erano state denunciate da Greenaction Transnational nel 2007 alla Commissione Europea (si veda il dossier sui depuratori di Trieste), spezzando quel muro di omertà che fino a quel momento aveva consentito di nascondere la drammatica emergenza.
Un gioco pericoloso a danno dell’ambiente e della salute pubblica condotto dalle autorità italiane che a tutti i livelli avevano completamente coperto quello che a tutti gli effetti è un disastro ambientale continuato. Dal Ministero dell’Ambiente, fino alle amministrazioni pubbliche locali e all’autorità giudiziaria. Tutto accuratamente insabbiato. Nessuno doveva nemmeno accennare a questi inquinamenti di ‘Stato’.
E ora, dopo l’intervento della Commissione Europea che ha imposta la messa a norma degli impianti di depurazione di Trieste a partire da quello di Servola, la dichiarazione di ‘impotenza’ da parte delle stesse autorità italiane responsabili dell’inquinamento.
In attesa del lungo e costoso adeguamento del depuratore di Servola, che in pratica significa la realizzazione di un nuovo impianto, stimato in almeno 60 milioni di euro, l’unica soluzione individuata è quella della dichiarazione dello ‘stato di emergenza’ con commissariamento da parte del governo amministratore italiano della gestione del depuratore. In questo modo, analogamente a quanto fatto per i rifiuti della Campania, si potranno aggirare le normative comunitarie e continuare a scaricare direttamente a mare i liquami fuorilegge. Nessuno controllo, nessuna regola.
E i tanti responsabili di questo disastro ambientale verranno a loro volta coperti nel caso sempre più probabile dovesse scattare la pesantissima sanzione dell’UE. Una sanzione che verrebbe calcolata a partire da quando è stato accertata la violazione del diritto comunitario. Una sanzione che potrebbe essere aggravata da questo ulteriore comportamento delle autorità italiane in deroga alle prescrizioni comunitarie e che già ora supererebbe i 100 milioni di euro. Una sanzione che deve essere pagata da chi ha disapplicato le normative comunitarie consentendo l’inquinamento, non dai cittadini.